La mandragora costituì uno degli ingredienti principali per la maggior parte delle pozioni mitologiche e leggendarie. Il nome, probabilmente di derivazione persiana (mehregiah), le è stato assegnato dal medico greco Ippocrate. Nell'antichità le venivano accreditate virtù afrodisiache; era utilizzata anche per curare la sterilità.

Nel Medioevo alla mandragora venivano attribuite qualità magiche e non è un caso se era inclusa nella preparazione di varie pozioni. È raffigurata in alcuni testi di alchimia con le sembianze di un uomo o un bambino, per l'aspetto antropomorfo che assume la sua radice in primavera. Da ciò ne è derivata la leggenda del pianto della mandragola, ritenuto in grado di uccidere un uomo e per questo, come ricorda Machiavelli nell'omonima sua commedia, il metodo più sicuro per coglierla era legarla al guinzaglio di un cane e quindi lasciarlo libero di modo che, tirando la corda, questi avrebbe sradicato la mandragora udendone il lamento straziante e morendo all'istante, consentendo così al proprietario di coglierla.

La mandragora veniva considerata una creatura a metà del regno vegetale e animale, come il meno noto agnello vegetale di Tartaria. Nel 1615, in alcuni trattati sulla licantropia, tra i quali quello di Njanaud, appariva l'informazione dell'uso di un magico unguento a base di mandragora che permetteva la trasformazione in animali.

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