“Non sai che smisurato amore...che indicibili moti e che deliri movesti in me". A chi si riferisce Leopardi?
Il canto “Aspasia” è il ventinovesimo della raccolta “I Canti” di Giacomo Leopardi. Esso sicuramente chiude definitivamente le poesie dedicate ed ispirate alla signora Fanny Targioni Tozzetti per la quale Leopardi scelse il soprannome di Aspasia che ha dato il nome a tutto il ciclo.
Il canto “Aspasia” fu scritto tra il 1834 e il 1835 a Napoli quando ormai il giovane e triste poeta si era adeguato e rassegnato anche alla nuova vita napoletana ed erano passati due anni dal suo trasferimento da Firenze.
A Napoli, Leopardi, con l’animo più sereno e pacato, ma sempre con viva rabbia e delusione verso Fanny e verso l’amore, scrive l’ultimo componimento in ricordo di Fanny che lui, per due più anni, amò molto intensamente. Il poeta ripercorre il suo ardore verso la signora fiorentina che lo aveva fatto invaghire ed innamorare.
Nè tu finor giammai quel che tu stessa
Inspirasti alcun tempo al mio pensiero,
Potesti, Aspasia, immaginar. Non sai
Che smisurato amor, che affanni intensi,
Che indicibili moti e che deliri
Movesti in me; nè verrà tempo alcuno
Che tu l’intenda. In simil guisa ignora
Esecutor di musici concenti
Quel ch’ei con mano o con la voce adopra
In chi l’ascolta. Or quell’Aspasia è morta
Che tanto amai. Giace per sempre, oggetto
Della mia vita un dì: se non se quanto,
Pur come cara larva, ad ora ad ora
Tornar costuma e disparir.
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