L'espressione latina homo homini lupus (letteralmente, «l'uomo è un lupo per l’uomo»), il cui precedente più antico si legge nel commediografo latino Plauto (lupus est homo homini, Asinaria, 495).

Si devono probabilmente a una reminiscenza di Cecilio Stazio (poeta comico latino, morto nel 168 a.C.) Homo homini deus est, si suum officium sciat (l'uomo è un dio per l'uomo, se conosce il proprio dovere, fr. 283 Guardì) le rielaborazioni che si hanno negli autori successivi.

Tale concetto dell'uomo nello stato di natura è stato ripreso e discusso nel XVII secolo dal filosofo inglese Thomas Hobbes. Secondo Hobbes, la natura umana è fondamentalmente egoistica, e a determinare le azioni dell'uomo sono soltanto l'istinto di sopravvivenza e quello di sopraffazione. Egli nega che l'uomo possa sentirsi spinto ad avvicinarsi al suo simile in virtù di un amore naturale. Se gli uomini si legano tra loro in amicizie o società, regolando i loro rapporti con le leggi, ciò è dovuto soltanto al timore reciproco.

L'italiano Antonio Gramsci, in una nota dei suoi Quaderni del carcere, ricorda che l'origine dell'espressione dovrebbe trovarsi «in una più vasta formula dovuta agli ecclesiastici medioevali, in latino grosso: Homo homini lupus, foemina foeminae lupior, sacerdos sacerdoti lupissimus» cioè "L'uomo è un lupo con l'uomo, la donna è ancora più lupo con la donna, il prete è il più lupo di tutti con il prete".

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