La sera del 23 dicembre 1888, ad Arles, Vincent Van Gogh si tagliò un orecchio con un rasoio, lo avvolse in un foglio di giornale e lo fece recapitare a una donna, forse una prostituta. Era stato un gesto di rabbia, di disperazione (per che cosa?), l’esito di un litigio con l’amico pittore Paul Gauguin? Nel corso degli anni le teorie sono state le più disparate. Si è sempre pensato però che la mutilazione fosse stata tutto sommato piccola, e che avesse riguardato solo un pezzetto del lobo sinistro. Ora emerge da un nuovo documento che si sarebbe trattato in realtà di una ferita ben più grave: il pittore si sarebbe asportato quasi l’intero padiglione sinistro. Un gesto di violento autolesionismo che precedette il suicidio, avvenuto due anni dopo. DISEGNO RIVELATORE. Il documento è uno schizzo fatto dal dottore che medicò la ferita di Van Gogh all’ospedale di Arles, Felix Réy, ritrovato tra le carte negli archivi dello scrittore Irving Stone, che ha scritto la famosa biografia di Van Gogh Brama di vivere. Per documentarsi sulla vita del pittore, Stone si era recato ad Arles nel 1930, e aveva anche fatto visita al medico che l’aveva curato, chiedendogli di illustrargli come gli era apparso il danno all'orecchio. Nello schizzo, datato 18 agosto 1930, si vede chiaramente che il taglio riguarda gran parte del padiglione. Il disegno è esposto in una mostra al museo Van Gogh di Amsterdam, On The Verge of Insanity, dedicata alla follia dell’artista.

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