L’intervento americano fu ispirato dalla teoria dell’effetto domino, secondo cui, dopo che un paese diventava comunista, era molto probabile che anche i paesi confinanti sarebbero diventati comunisti.

Il pretesto che permise agli americani di entrare definitivamente ed apertamente in guerra fu un attacco del Vietnam del Nord alla marina degli Stati Uniti, stanziata presso il Golfo di Tonchino.

Nel 1964, sotto la presidenza di Lyndon Johnson, quello americano divenne un vero e proprio intervento bellico: il corpo di spedizione fu continuamente rinforzato per dieci anni.

Nel 1968 i soldati americani in campo erano diventati 500.000, ed i costi bellici avevano raggiunto i 77 miliardi all’anno. Questo incremento progressivo di forze in campo, che gli americani chiamavano escalation, si rivelò tuttavia insufficiente contro la resistenza del Vietcong.

Il leader cinese Mao Tse Tung definì i guerriglieri del Vietcong come combattenti inafferrabili, capaci di muoversi in mezzo al popolo vietnamita “come pesci nell’acqua”. Ed effettivamente, pur senza disporre di nessuna aviazione, nessun carro armato, e di nessun mezzo di artiglieria, i Vietcong riuscirono a resistere alle truppe americane finché gli Stati Uniti non abbandonarono il Vietnam.

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