I coriandoli sono piccoli ritagli di carta colorata usati nelle festività per essere lanciati in aria o su persone. Tipici del Carnevale e di altre festività come il Capodanno, spesso il loro uso è abbinato a quello delle stelle filanti.

Nella maggior parte delle lingue (fra cui inglese, tedesco, francese, olandese, svedese e spagnolo), anche lingue non indo-europee, la parola "confetti" rimanda ai nostri "coriandoli". La confusione tra i due nomi ha origine nel Rinascimento, quando in Italia, ai matrimoni o durante il carnevale, si usava lanciare veri e propri confetti, talora composti dai semi della pianta del coriandolo.

Tali semi venivano ricoperti di zucchero e, oltre ad essere consumati come dolci, un po' come oggi è possibile gustare nei ristoranti indiani, come digestivo a fine pasto, si potevano anche gettare per scherzo addosso alle persone durante le feste di carnevale.

A fare luce su questo particolare aspetto è il fiorentino Giovanvettorio Soderini che, sul finire del XVI secolo ha lasciato la prima reale testimonianza sull’uso e consumo dei coriandoli nell’opera intitolata Trattato della cultura degli orti e giardini, nella quale si può leggere testualmente: «Cuopronsi i coriandoli di zucchero per confetti, rompono le ventosità del ventre mangiati dopo pasto, e rendono buon odore e fanno buon fiato masticati in bocca; e verdi le sue foglie nelle mescolanze d’insalata non fanno male».

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