Nella fisica dello stato solido l'effetto fotoelettrico è il fenomeno fisico caratterizzato dall'emissione di elettroni da una superficie, solitamente metallica, quando questa viene colpita da una radiazione elettromagnetica, ossia da fotoni aventi una certa lunghezza d'onda.

La scoperta dell'effetto fotoelettrico va fatta risalire alla seconda metà del XIX secolo e ai tentativi di spiegare la conduzione nei liquidi e nei gas.

Nel 1887 Hertz, riprendendo e sviluppando gli studi di Schuster sulla scarica dei conduttori elettrizzati stimolata da una scintilla elettrica nelle vicinanze, si accorse che tale fenomeno è più intenso se gli elettrodi vengono illuminati con luce ultravioletta.

Nello stesso anno Wiedemann e Ebert stabilirono che la sede dell'azione di scarica è l'elettrodo negativo e Hallwachs trovò che la dispersione delle cariche elettriche negative è accelerata se i conduttori vengono illuminati con luce ultravioletta.

Nei primi mesi del 1888 il fisico italiano Augusto Righi, nel tentativo di capire i fenomeni osservati, scoprì un fatto nuovo: una lastra metallica conduttrice investita da una radiazione UV si carica positivamente. Righi introdusse, per primo, il termine "fotoelettrico" per descrivere il fenomeno.

Hallwachs, che aveva sospettato ma non accertato il fenomeno qualche mese prima di Righi, dopo qualche mese dimostrava, indipendentemente dall'italiano, che non si trattava di trasporto, ma di vera e propria produzione di elettricità.

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