Il toro di Falaride sarebbe stato uno strumento di tortura e di esecuzione in uso nell'antica Grecia.

L'invenzione dello strumento viene attribuita a Perillo di Atene, un fonditore di ottone, che propose a Falaride, tiranno di Agrigento, un nuovo sistema per giustiziare i criminali. Secondo la leggenda, riferita con precisione da Paolo Orosio, egli realizzò la riproduzione di un toro metallico, vuoto all'interno e con una porta sul fianco.

La vittima sarebbe stata rinchiusa dentro e un fuoco acceso sotto di esso, riscaldando il metallo fino ad arroventarlo: così la vittima all'interno sarebbe arrostita lentamente fino alla morte. Per far sì che niente di indecoroso potesse rovinare il diletto dell'osservatore, il toro era costruito in modo tale che il suo fumo si levasse in profumate nuvole di incenso e la testa era dotata di un complesso sistema di tubi e fermi, che convertivano le urla in suoni simili a quelli emessi da un toro infuriato.

Si narra anche che una volta riaperto lo strumento di morte, le ossa riarse brillassero come gioielli e venissero trasformate in braccialetti.

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