"L' ordine arrivò via radio e fu inequivocabile. Buttate giù la torre". Nessuno se ne accorse quel pomeriggio di luglio del 1944. Ma la torre di Pisa rischiò di venir giù come un castello di carte, annientato dalle cariche esplosive degli alleati. C' erano dei cecchini tedeschi nascosti agli ultimi piani. Sparavano da una posizione coperta, inespugnabile e all' orecchio di un sergente maggiore dei marines americani arrivò l' ordine di abbattere uno dei grandi simboli dell' arte italiana. Il sottufficiale rifiutò. Prese tempo, salvò la torre che pende e ora ha deciso di raccontare tutto non solo ai suoi nipoti davanti al camino, ma all' Italia intera. Il sergente maggiore Leon Weckstein accende la macchina della memoria seduto nella sua casa di Marina de Rey, vicino a Los Angeles, davanti ad un microfono di un giornalista del Tg2. Per lui, l' Italia è una croce di guerra al valor militare che l' ex re Umberto di Savoia gli ha appuntato sulla divisa nel settembre del 1945 "per l' alto spirito di sacrificio dimostrato". Ma è anche, o forse soprattutto, il ricordo della torre protetta e risparmiata. Dice il sergente dei marines: "Era l' estate del '44 comandavo un reparto di guastatori, vera testa di ponte con il grosso delle truppe che arrivavano da sud, e che da Napoli stavano inseguendo i tedeschi in fuga nel centro nord. Da Livorno siamo arrivati a Pisa. [...]

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