Il giainismo (anche jainismo) è la religione dei seguaci di Jina (in sanscrito "il Vittorioso"), epiteto di Vardhamāna ("colui che accresce"), noto anche con i nomi di Nāyāputta ("figlio dei Nāya"), dal nome del clan cui apparteneva, Jñāta ("asceta"), Muni ("saggio"), Bhagavān ("venerabile"), Araha ("onorevole"), Veyavī ("conoscitore del Veda") e con i celebri epiteti di Mahāvīra ("grande eroe") e di Tīrthaṃkara ("creatore di guado"), che visse nel VI secolo a.C. nella regione del Bihar.

Si tratta di un gruppo eterodosso rispetto alla religiosità brahmanica e vedica e che mira a ottenere la liberazione dal ciclo delle esistenze e l’eliminazione del karman attraverso una serie di pratiche di austerità. Fa riferimento a una serie di testi (definiti in un Canone) che riportano l’insegnamento del fondatore, ma i giainisti ritengono che Vardhamāna sia solo il ventiquattresimo dei maestri definiti appunto come Tīrthaṃkara che hanno insegnato la via della liberazione dal ciclo delle esistenze. Si tratta di una dottrina che trasmette pratiche salvifiche e ha aspetti che la discostano dalla dimensione religiosa così come essa è intesa in Occidente (per esempio le figure divine che nel giainismo sono presenti ma hanno ruolo molto diverso rispetto a forme teistiche). In sostanza il giainismo indica come uscire dal saṃsāra (ciclo delle vite continue) e come liberarsi dal karman, elementi che determinano il continuo trasmigrare di vita in vita e quindi una condizione di sofferenza.

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