La dispersione cromatica della luce bianca nello spettro dell’iride per mezzo di un prisma fu un risultato di Cartesio, perfezionato poi da Isaac Newton, ed è un fatto di quotidiana osservazione nei cristalli, nelle gocce d’acqua, nell’arcobaleno. In cosa consiste?

Perché vediamo “a colori”?

È noto che siamo capaci di visione a colori perché nella retina disponiamo di tre specie di fotorecettori, i coni, che vengono attivati rispettivamente dal rosso, dal verde e dal blu-violetto (detti colori primari additivi della visione).

Ogni componente cromatica della luce genera nei tre tipi di coni una propria stimolazione, generando una terna di segnali nervosi (ad esempio, un giallo vivace potrebbe dare tre livelli di stimolazione, nell’ordine del 44%, 47% e 9%). Si tratta del tristimolo, una codifica della radiazione luminosa grazie alla quale il cervello individua la radiazione e suscita in noi una particolare sensazione di colore. Il colore, perciò, non è un carattere inerente alla luce, ma nasce a livello fisiologico

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